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EUROCRACK di Piemme

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Avremo modo di tornare sul vertice europeo appena conclusosi.

Un primo bilancio si può già trarre: le linee di frattura tra i diversi stati nazionali hanno nettamente prevalso sui fattori di condivisione e di solidarietà.

Viene confermata una nostra diagnosi: l’Unione europea difficilmente avrebbe potuto sopravvivere all’inasprirsi crisi sistemica e globale. Quando un terremoto sconquassa un edificio restano le sue fondamenta, ed esse sono appunto gli stati nazionali, i quali, per non essere travolti tendono oguno a riprendersi la propria sovranità.
In barba alle spiegazioni minimaliste — che come chiave di lettura dei dissidi ci propongono le preoccupazioni elettorali di questo o quel governo in carica — questo è il dato di fondo che emerge dal fallimento del summit.

Gli euroinomani, scambiando i loro auspici con la dura realtà degli interessi contrapposti, davano per scontato che gli olandesi ed i cosiddetti “frugali” alla fine si sarebbero piegati all’asse franco-tedesco o carolingio. Per niente. Alla fine il dato è che questo “asse”, già claudicante, esce fortemente indebolito. L’indebolimento della guida è un colpo letale a tutta l’Unione europea. Nei prossimi anni, se non nei prossimi mesi, si vedrà come la tendenza alla decomposizione e disgregazione della Ue prenderà il definitivo sopravvento sulla spinta unionista.

Per l’Italia si mette male. Si mette anzi malissimo. In cambio di una manciata di spiccioli dovrà assicurare le “riforme”, ovvero il rispetto di politiche antipopolari di austerità, del ripristino del Patto di stabilità (fiscal compact), quindi una soveglianza esterna molto stretta. In poche parole ulterori cessioni di sovranità politica, commissariamento in stile Grecia. Che sia la troika o un altro mostro poco conta. La sostanza è che lorsignori, avendo messo nel conto una crisi catastrofica del nostro Paese, sono pronti a tutto pur di evitare che questa catastrofe travolga tutta l’Unione.

La resa dei conti si approssima. L’Italia dovrà decidere nei prossimi mesi se precipitare nell’abisso e subire un processo di dissoluzione nazionale, o evitarlo. L’élite eurocarica, forte del’appoggio degi ascari nostrani, ovvero del grosso delle classi dominanti, è sicura della vittoria. I tempi stringono.

Non saremo salvati né dal questo governo fantoccio, né dall’eventuale salita al potere del blocco del centro-destra.

Va costruito in fretta un grande blocco sociale, va messa in piedi una grande mobilitazione di resistenza popolare e patriottica. Per farlo c’è bisogno non solo di disporsi alla lotta, c’è bisogno di dare una direzione e un orizzonte a questo blocco, di un asse che riesca a fungere da elemento di agglitinazione di un vasto campo di forze.

C’è bisogno del Partito dell’Italexit!

2 pensieri su “EUROCRACK di Piemme”

  1. Francesco dice:

    Concordo con quanto scritto nell’articolo ma (…viste le esperienze recenti…) mi permetto di raccomandare una certa prudenza nel fidarsi di personaggi che fino a pochissimo tempo fa erano al servizio dello stesso “sistema” che ci proponiamo di rovesciare. Costoro potrebbero (…uso volutamente il condizionale…) essere un semplice specchietto per le allodole: un mezzo (…usato dallo stesso “sistema”) per dirottare il malcontento popolare verso strade senza sbocchi concreti rispetto alla situazione attuale.

    Francesco F.
    Manduria (Ta)

  2. Cittadino dice:

    “Nei prossimi anni, se non nei prossimi mesi, si vedrà come la tendenza alla decomposizione e disgregazione della Ue prenderà il definitivo sopravvento sulla spinta unionista.”

    Giusto, ma una cosa è se avviene nei prossimi mesi, un’altra è se si continua a trascinare per qualche anno. Cosa sta accadendo? Io, in modo certo dilettantesco, mi aiuto con un parallelo storico: il trattato della triplice alleanza.

    Stipulato nel 1882 “dall’Italia desiderosa di rompere il suo isolamento dopo l’occupazione francese della Tunisia”, dalla “Germania desiderosa di isolare politicamente la Francia” e l’Austria.

    Il trattato ha vita difficile, viene ridiscusso circa ogni cinque anni, 1887, 1891, 1896 e 1902. In quest’ultima occasione le divergenze strategiche riemergono, l’Italia aveva stipulato un “accordo di neutralità” con la Francia “in contrasto con lo spirito di mutualità della Triplice” (e più avanti non si sarebbe opposta all’entente cordiale). E’ chiaro che il trattato non garantisce più gli equilibri internazionali per i quali era stato stipulato. Viene lo stesso rinnovato ma a questo punto non si ridiscute più per ben dieci anni, fino al 1912. Nel 1912 che il trattato fosse ormai carta straccia era ancora più chiaro ma ciononostante, viene di nuovo rinnovato. Un vero e proprio accordicchio, un trattaticchio, in barba al quale ciascun contraente continua e perseguire i suoi interessi strategici ancor più contrastanti con lo spirito del trattaticchio. La situazione prosegue per altri due anni fino al 1914, data in cui scoppia la guerra, l’Italia si dichiara neutrale ed il trattaticchio finalmente si rompe.

    C’è un parallelo con l’attuale situazione? Sì. L’attuale crisi inizia nel 2007-08 (in quel periodo ci fu pure la guerra in Ossezia) quando è chiaro che gli accordi della globalizzazione, di cui i trattati europei sono parte, non garantiscono più gli equilibri internazionali che dovevano garantire. Tutto si blocca e la crisi si trascina per poco più di dieci anni come fu nel 1902. Ora è il momento della ridiscussione (recovery fund, brexit) come nel 1912, e come allora è chiaro che i trattati sono dei veri e propri zombie perché gli interessi strategici delle potenze coinvolte divergono. Tuttavia, come nel 1912, potrebbero raggiungere un accordicchio farsesco (per il recovery fund sembra lo abbiano appena fatto, vedremo per la brexit) all’interno del quale ciascuno perseguirà le sue linee strategiche in barba all’accordicchio stesso mentre la situazione continua a trascinarsi per qualche anno fino a che qualche evento che ne segni la rottura. Ecco, così io leggo la vostra frase “Nei prossimi anni, se non nei prossimi mesi”.

    Certo a differenza di allora non stiamo a andando verso una fase di scontro policentrico acuto ma verso una fase multipolare che di solito precede quella policentrica, ma a parte questo mi pare che le analogie ci stiano.

    Giovanni

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