Browse By

CONSIDERAZIONI SULL’ENCICLICA FRATELLI TUTTI” di F.f.

669 visite totali, 1 visite odierne

L’ultima monumentale e controversa Enciclica di Papa Francesco pone dirimenti questioni e merita doverose considerazioni. Volentieri pubblichiamo quanto scrive F.f. Malgrado la redazione non condivida alcuni dei suoi giudizi.

 *  *  *

«Per molti la politica oggi è una brutta parola, e non si può ignorare che dietro questo fatto ci sono spesso gli errori, la corruzione, l’inefficienza di alcuni politici. A ciò si aggiungono le strategie che mirano a indebolirla, a sostituirla con l’economia o a dominarla con qualche ideologia. E tuttavia, può funzionare il mondo senza politica? Può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica?»

Lettera enciclica Fratelli tutti del Santo Padre Francesco

Avevamo scritto, riguardo alla recente enciclica di Sua santità Francesco “Fratelli tutti”, che la lettura che ne ha dato la Sinistra radicale non è probabilmente esatta. Il valore di questa enciclica è di certo epocale. Sua santità, consapevole che il secolare dominio ideocratico dell’Occidente neo-illuministico – europeismo di Bruxelles compreso – è ormai agli sgoccioli, finisce per prefigurare un nuovo ordine etico e politico globale. Siamo di fronte a un’enciclica, non a un programma politico, ma il valore politico e storico del documento, dati anche gli eccezionali tempi che stiamo attraversando, è indubbio e a nostro modesto avviso centrale, dunque è necessario concentrarsi proprio sul significato storico e politico di “Fratelli tutti”.

L’enciclica andrebbe concepita, anzitutto, in continuità con “Etica nell’economia”, l’enciclica di Benedetto XVI (7 luglio 2009), in cui venivano stigmatizzati i meccanismi tecnocratici, progressistici e elitistici del capitalismo finanziario di mercato. Entrambi, sia Benedetto XVI sia Francesco, considerano la politica occidentale dei nostri tempi – compresa naturalmente quella della Unione Europea – nelle sue bipolari varianti, populismo e liberalismo, antitetica a una vera politica basata sulla pratica sacrale e anti-laicista dell’amicizia sociale e sulla meta finale dell’amore armonioso sociale.
«La politica oggi spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso. Il disprezzo per i deboli può nascondersi in forme populistiche…o in forme liberali al servizio degli interessi economici dei potenti. In entrambi i casi si riscontra la difficoltà a pensare un mondo aperto dove ci sia posto per tutti, che comprenda in sé i più deboli e rispetti le diverse culture». (Cfr. “Fratelli tutti, p. 41).

Francesco condanna, peraltro, in netta controtendenza rispetto alla Sinistra radicale e al “il manifesto”, la campagna politica propagandistica globalista e progressista contro il populismo. In realtà, precisa il santo pontefice, dietro la lotta al populismo si nasconde una vera e propria lotta di classe contro il popolo:
«La pretesa di porre il populismo come chiave di lettura della realtà sociale contiene un altro punto debole: il fatto che ignora la legittimità della nozione di popolo. Il tentativo di far sparire dal linguaggio tale categoria potrebbe portare a eliminare la parola stessa “democrazia” (“governo del popolo”). Ciò nonostante, per affermare che la società è più della mera somma degli individui, è necessario il termine “popolo”» (Cfr. “Fratelli tutti”, p. 42).

Il liberalismo e le Sinistre radicali negano perciò, alla stessa maniera, la realtà sociale, in quanto intendono rinunciare alla centrale categoria di “Popolo-Nazione”; l’individualismo atomistico del liberalismo è l’altro volto della medesima medaglia del neo-classismo migrazionistico e internazionalistico delle Sinistre radicali. Il pontefice ribadisce, fedele alla sua originaria vocazione politica di peronista anticapitalista e antimarxista, che l’essenza del concetto di popolo è di natura mitica, non sociale né classistica: il mondo avrebbe bisogno di “leader popolari capaci di interpretare il sentire di un popolo, la sua dinamica culturale e le grandi tendenze di una società” (Ibidem), leader popolari e antimaterialisti capaci di integrare l’identità mistica e religiosa di “Popolo Nazione” con uno spiccato senso realistico e pragmatico della cultura amministrativa istituzionale. Francesco differenzia quindi un “populismo chiuso” da un “populismo saggio e intelligente”, un cattivo nazionalismo tribale e etnocratico da un buon patriottismo nazionale neo-corporativistico, come distingue “certe visioni economicistiche chiuse e monocratiche” dall’economia organicistica espressione di uno Stato popolare. Economia popolare e di produzione comunitaria, quella organicistica, fondata sulla partecipazione sociale, politica e economica del “popolo-nazione” alla vita dello Stato democratico organico.

Concezione quest’ultima, del resto, che rappresenta il cuore della visione sociale della Teologia del popolo argentina, di esplicita ascendenza peronista, su cui si è formato politicamente il pontefice. Ben lungi dal proclamare l’annientamento del principio nazionale, come vorrebbe dare a intendere “il manifesto”, il pontefice prende invece di mira il globalismo progressistico livellatore, “la falsa apertura all’universale, che deriva dalla vuota superficialità di chi non è capace di penetrare fino in fondo nella propria Patria, o di chi porta con sé un risentimento non risolto verso il proprio popolo”. Il grande tema dell’economia comunitaria è certamente “la mistica del Lavoro” mentre la speculazione tecnocratica e finanziaria continua a fare strage di innocenti e di oppresse famiglie, afferma senza mezzi termini Sua santità.

Il dogma neo-liberale è di nuovo preso di petto dal pontefice, il mercato non risolverebbe i problemi ma anzi li aggraverebbe, come già in epoca non sospetta affermò Benedetto XVI prima di lui.
La Politica, quale prassi di carità, espressione perciò di una visione del mondo basata sulla sussidiarietà organicistica e sul comunitarismo, ha la missione epocale di concretizzarsi quale forza anti-utopistica di realizzazione organica dell’amicizia sociale. «Ancora una volta invito a rivalutare la politica, che è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune». (“Fratelli tutti”, p. 49), scrive il santo pontefice nel capitolo dedicato a “L’amore politico”.

Al globalismo progressistico e radicalistico delle multinazionali e delle Sinistre colorate basato su un astratto io universalistico annientatore del multipolare differenzialismo universale, il pontefice contrappone, oltre al sacro principio della socializzazione della grande proprietà, oltre alla difesa della media e piccola proprietà che rimane un diritto fondamentale della Dottrina Sociale della Chiesa, il “Noi” dei quartieri popolari in cui si sperimenta socialmente, minuto per minuto, giorno dopo giorno, lo spirito del “vicinato”, dove ognuno sente spontaneamente il dovere di accompagnare e aiutare il vicino, soprattutto se quest’ultimo si trova in grave difficoltà.

E’ la fratellanza organicistica e “populistica” contro l’estremistico individualismo atomista, oggettivista e transumanista della Silicon Valley l’esempio concreto che questo pontefice addita all’universo. L’identità organica e originaria dei “Popoli Nazione” contro il livellamento materialistico e nichilistico in atto su scala mondiale. Lo Spirito Santo può, in sostanza, manifestarsi esclusivamente nell’ideale pentecostale della Comunità. Non vi è spazio per la Grazia intimistica e pietistica in tale orizzonte teologico-politico. Sono chiaramente in ballo, in questo contesto teorico, due concetti antitetici di democrazia, cattolico-popolare e protestante individualistico, ma non è questo il contesto adatto per un simile approfondimento.

La strategia del pontefice è così finalizzata alla maturazione universale di un “senso sociale che superi la mentalità individualistica” tipica delle democrazie radicali oligarchiche e plutocratiche nordiche o anglosassoni; partendo dall’ “amore sociale” è possibile progredire verso la civiltà dell’amore; l’amore “elicito”, atti che procedono direttamente dalla virtù della carità, diretti a persone e a popoli, deve essere integrato dall’ “amore imperato”, quegli atti della carità che spingono a creare istituzioni più giuste e religiose. L’essenza della carità, forza d’amore sociale e sintesi efficiente del prassismo politico, è infine il sacrificio come fuoco alimentante l’amicizia sociale, meta definitiva di una vera Comunità cristiana.

Vi è ora un importante concetto da sottolineare, prima di concludere. Se la Sinistra radicale ha equivocato, e continua a equivocare, sul significato teologico-politico dell’odierno pontificato, lo stesso sembra comunque fare la “Destra sovranista”. Si pensi a un valido e equilibrato intellettuale come Marcello Veneziani, il quale sostiene che Francesco, per farsi perdonare il passato di simpatizzante attivista della Guardia di Ferro argentina, ispirata sin dal nome alla formazione romena di Corneliu Codreanu (1899-1938), promuoverebbe oggi dal soglio pontificio una ideologia globalista e progressista.
En passant, sia anzitutto detto che per Francesco i grandi genocidi del ‘900 sono quattro, non vi è solo lo sterminio “fascista” degli ebrei, ma vi sarebbero anche le bombe atomiche “liberaldemocratiche” sui civili giapponesi, i gulag sovietici riservati ai martiri cristiani e lo sterminio degli armeni.

Va poi precisato che l’originario obiettivo strategico di Francesco non era di certo inquadrabile in quell’europeismo filorusso, multipolarista e antiamericanista, che Benedetto XVI tentò di concretizzare in ogni modo sino al tragico 2013. Francesco arriva dopo quell’esperimento conservatore-europeistico, chiaramente antagonista rispetto alla tecnocrazia ultra-laicistica e abortista di Bruxelles, che probabilmente l’elite romana “progressista” della Santa Sede ha considerato storicamente fallito o ha fatto addirittura fallire.
L’attuale pontefice non è un europeista conservatore che percepisce il limes di civiltà con il mondo occidentale come lo poteva percepire Ratzinger. “La rivoluzione nichilista del ‘68”, sono parole di Benedetto XVI, considerata da quest’ultimo il padre putativo della società post-liberale e neo-illuministica occidentalista, non significa molto per Francesco, per evidenti ragioni contestuali, ambientali e esistenziali.

Dall’uribismo colombiano al sovranismo di destra radicale di Jair Bolsonaro, dall’affermazione, in Bolivia, della destra di Camacho sul socialismo di Evo Morales, con cui Francesco si era saldato in una comunione di intenti, sino alla malinconica e grottesca conclusione dell’utopia chavista in Venezuela, il disegno, profondamente neo-occidentale, del pontefice di fare della fascia continentale e geopolitica ibero-americana “la nuova Europa” della riscossa neo-cattolica e populista, che doveva essere certamente guidata e accompagnata dalla prima Roma papalina di fronte al materialismo e al relativismo delle società anglosassoni e protestanti, è stato fortemente messo in discussione dal verbo sovranistico di Donald Trump, che ha attecchito velocemente un po’ in tutto il Sud America.

La Sinistra liberal o radicale statunitense non avrebbe ostacolato un simile progetto strategico, non fosse altro perché avrebbe messo in seria difficoltà il patriarcato russo, ma l’onda lunga del trumpismo ha costretto Francesco al ridimensionamento strategico. E’ dunque una conseguenza tattica, probabilmente obbligata e non evitabile, il flirt dell’elite neo-cattolica di Roma con i nemici di Trump, dai Dem statunitensi alla Cina “socialista”.

L’impressione è che, sconfitto in casa propria dal trumpismo, Francesco non abbia ancora ridisegnato una strategia politica sui tempi corti. Il migrazionismo esasperato e il neo-paganesimo relativistico naturalistico e ecologista, per quanto siano evidentemente elementi tattici, stonano totalmente con l’armonico, coerente ideale di una Europa cristiana, storicista e anti-illuministica, strategicamente aperta al patriarcato ortodosso di Mosca, potente elemento storico quest’ultimo lasciato in dote da Benedetto XVI, che potremmo ben considerare uno dei fondatori del multipolarismo. Con tutto il rispetto del caso, il cattolicesimo africano o amazzonico ha poco o anche nulla da dire rispetto al cristianesimo pravoslavo russo.

L’enciclica “Fratelli tutti” potrebbe essere effettivamente l’inizio di una nuova fase strategica dell’odierno pontificato, sebbene il silenzio di Bergoglio sull’inquietante e terribile vicenda Assange è piuttosto avvilente. Una nuova fase strategica di Francesco vorrebbe dire lasciarsi definitivamente alle spalle ogni anche minimo proposito di universalismo globalistico progressistico aprendo su tutta la linea al multipolarismo, fatto storico epocale del resto già partorito dalla rivoluzione conservatrice putiniana e dal pontificato europeista di Benedetto XVI. Peròn, dopo Yalta e contro Yalta, lanciò la strategia della Terza via e del Terzo Mondo contro le due ideologie globaliste e progressiste egemoni (capitalismo e collettivismo).

Francesco è oggi l’unica guida pubblica in Occidente in grado di indicare la Nuova Via, né globalismo progressista occidentalista né nazionalismo etnico occidentalista: patriottismo multipolarista e prassi dell’amicizia sociale cristiana.

 

10 pensieri su “CONSIDERAZIONI SULL’ENCICLICA FRATELLI TUTTI” di F.f.”

  1. m dice:

    Capiremo il valore di questi documenti solo tra qualche anno. La Nottola di Minerva si alza in volo solo all’imbrunire, solo alla fine di una fase storica si riesce davvero a collocarla dialetticamente nel suo tempo.
    Quello che qui riesco a osservare è quanto segue:
    – La Chiesa cattolica ha una seria crisi filosofica, una crisi causata dall’abbandono del Tomismo come filosofia ufficiale.
    – Il Concilio Vaticano I rappresenta quello che in hegelese potremmo chiamare il giudizio infinito (l’assoluta convergenza degli opposti), da una parte si afferma nel 1877 finalmente la tesi che la ragione naturale può conoscere Dio (quindi la Chiesa fa sua ufficialmente la dottrina di Tommaso d’Aquino), dall’altra l’assurdo dell’infallibilità del Papà. Due tesi così contraddittori tra di loro (la ragione e al contempo l’irrazionale) quanto potevano rimanere congiunte, soprattutto di fronte ai grandi eventi del XX secolo?
    – Dal punto di vista filosofico il Concilio Vaticano II non ha alcun valore e non ha dato alcun aiuto. Il suo valore è etico, non teoretico. Sul piano teorico il poco teorico Papa Giovanni si limita a seguire alla lettera il Tomismo: lo dimostrano i cattivi rapporti con l’oscurantismo antirazionalista di fenomeni come quello di Padre Pio.
    – Con Giovanni Paolo II avviene la vera contro rivoluzione contro Tommaso. L’irrazionalismo, i miracoli (vengono nominati più santi durante questo pontificato che nel resto della storia cristiana), Fatima, ecc., l’anticomunismo, l’attacco alla Jugoslavia su posizioni anti-serbe (piuttosto che aiutare gli ortodossi comunisti ce la facciamo con i jiadisti) sono tra le più gravi colpe di questo Papa. Per la Chiesa e per la Storia tutta. Giovanni Paolo II risolve la contraddizione del Vaticano I, tutta dalla parte dell’irrazionalità, dell’oscurantismo e risolve pure in chiave anti-comunista il Vaticano II – veramente una sciagura per l’umanità il polacco.
    – Benedetto al contrario, cerca di dare una raddrizzata. Ma le sue posizioni, non sono del tutto tomistiche. Per certi aspetti Benedetto, che sul piano teoretico è assolutamente preparato, è una specie di transgender della filosofia cristiana: un po’ di Tommaso, un po’ di Agostino. La cosa non è così rara: il grande allievo di Tommaso, Egidio Romano, quello che lo ha fatto riabilitare dopo la condanna del 1277, era a sua volta un ircocervo: un po’ di Aristotele un po’ di Agostino. Alcuni sostengono che la Chiesa tomista non lo è stata mai, il suo tomismo era il tomismo revisionato di Egidio per ottenere la riabilitazione. Nell’immediato, Benedetto ha fatto la mossa di Egidio, la sua è una figura che cerca di suturare lo strappo del Papa polacco, mescolando un po’ di oscurantismo con un po’ di razionalismo. Ma la storia non va indietro e la contraddizione non si ricuce mai, al massimo si supera. Da qui le dimissioni.
    – Francesco è davvero difficile da comprendere (forse perché come detto la comprensione avviene solo alla fine della vicenda). Neanche lui riesce a restaurare il Vaticano I, il suo irrazionalismo sembra però pendere “a sinistra” invece che “a destra” come avveniva invece con Giovanni Paolo II. Insomma non salva il Vaticano I, ma quantomeno rianima il Vaticano II. Sul Covid Francesco ha dimostrato però un intelligente “Tomismo d’azione”: nella prassi, razionalismo, metodo scientifico, il virus si cura rispettando le distanze e non accendendo ceri alla Madonna.
    Ma la vera questione è: c’è spazio per Aristotele nella Chiesa? c’è spazio per il vero Tomismo (non quello revisionato da Egidio)? o forse il vero aristotelismo applicato alla fede è quello di Averroè o peggio ancora Sigeri di Bramante? il vero aristotelismo non è forse ateo?
    La Chiesa è di fronte a un bivio: la ragione da una parte, l’oscurantismo dall’altra. E se la ragione dimostrasse la non esistenza di Dio? Se la paradossale verità dialettica di una Chiesa veramente tomista fosse la sua auto-negazione?
    Purtroppo l’articolista, molto preparato e che leggo spesso, è proprio uno di quelli che non dispiacerebbe affatto un salto nel buio della fede come follia di destra anti-moderna. Voi da che parte state?

  2. roberto bugliani dice:

    ” In entrambi i casi si riscontra la difficoltà a pensare un mondo aperto dove ci sia posto per tutti, che comprenda in sé i più deboli e rispetti le diverse culture». (Cfr. “Fratelli tutti, p. 41).”
    Un’eco della consegna zapatista: “queremos un mundo donde caben muchos mundos” (vogliamo un mondo che comprenda molti mondi)? Può darsi, comunque gli zapatisti messicani lo hanno detto molto prima di Bergoglio.

  3. Fabrizio dice:

    Se ci dobbiamo aggrappare alle parole di un papa, per sostenere una qualche forma di pensiero critico, vuol dire che stiamo veramente inguaiati! Parliamo di un’istituzione teocratica con un potere finanziario enorme, parte integrante della riproduzione del sistema capitalistico. La solita retorica pauperistica, il solito moralismo sociale per pulirsi la coscienza. Se ha un linguaggio che in qualche modo si può definire anti liberista è solo perchè il suo (il loro) acerrimo nemico, l’antagonista per antonomasia, il marxismo (che appunto definiscono dottrina o materialismo) vive una crisi epocale. Ma quale grande riflessione! Ma siamo seri per piacere e basta con questa continua secolarizzazione del messaggio escatologico giudaico cristiano che tanti guasti ha causato anche al comunismo, in senso filosofico io preferisco Atene a Gerusalemme.

  4. FaBer dice:

    Articolo davvero interessante e stimolante che fa vacillare i miei precedenti costrutti su questo papa. Fa desiderare un contraddittorio. Per esempio un commento del folosofo Luca Gritti. Comunque non ritrovo in questa enciclica principi coerenti con le scelte e le esternazioni più recenti. Sembra di avere a che fare con un papa doppio, dissociato da se stesso. In profondità sarà anche multipolarista e comunitario, innestato nelle sue radici peroniste, ma in superficie lo spessore scompare e ne risulta un italiano, troppo italiano … doppiogiochista, opportunista, politico della peggior specie. Comunque le parole sulla politica e sull’amicizia ci sono: faremo finta di non sapere come questo papa sia davvero. In fin dei conti Dio può servirsi anche di persone di basso profilo, per i suoi scopi. Possiamo farlo anche noi …

  5. Draza dice:

    Ortodossi comunisti in 🇷🇸 Serbia? Mi pare un controsenso. Direi Ortodossi Cetnici

    Draza

  6. Faber dice:

    Mah, Fabrizio ha ragione. La tentazione a buttarla in filosofia è forte. Il Diavolo ci induce a spaccare il capello in quattro con l’ambizione di attingere alla verità ultima. Ma è il diavolo, appunto: al quale bisogna resistere, facendo il contrario: sin-ballein invece che dia-ballein . Dobbiamo cercare ciò che unisce … non ciò che divide e che riforza il diastanziamento ideologico e infine anche quello sociale, come adesso.
    “Voi da che parte state?”
    La mia risposta é nè destra nè sinistra, ma abolizione del debito (il primo messaggio di Gersù) e tutto ciò che aumenta la coesione sociale, compreso un tribalismo illuminato, una comunità includente (come quella paolina). Quindi multipolarismo ad oltranza per, paradossalmente, avvicinarsi ad una governance mondiale il più partecipata possibile. In fin dei conti anche Gesù era tribalista, doveva esserlo. La prospettiva globalista e includente è arrivata dopo, lungo le vie romane, battute da San Paolo (il mercante di tende!).

  7. Anto77 dice:

    Esistono scritti di Gritti su Bergoglio?

  8. andrew dice:

    Non definirei Paolo globalista, ma cattolico Romano universale. cattolico significa differenzialismo universale, non globalismo!

  9. Tito dice:

    Sinistra “radicale”? Ma dov’è che la intravede? Forse è sordo-cieca-muta come le 3 scimmiette. E’ una raffazzonata e incorporea definizione, madre della confusione.
    Molto superficiale -in un testo notevole- la superficiale generalizzazione delle questioni sudamericane. Peraltro smentite dalla cronaca politica: in Bolivia l’oligarchia ha perso il governo alle elezioni.
    Dire del Venezuela che trattasi di “grottesca conclusione dell’utopio Chavista” è un monumentale e ingeneroso abbaglio. Il blocco marittimo, commerciale e finanziario non è marchingegno propagandistico, ma reale sofferenza per la popolazione, a cui l’Occidente nega persino il mercato dei farmaci.
    Ciò nonostante, resiste con le unghie e con i denti ad una invasione straniera. E’ la Stalingrado che non si arrende alla guerra integrale degli Stati (ancora) Unità e delle truppe di complemento UE.

  10. Angelo dice:

    Si ma il Venezuela è la Nazione più ricca del Sudamerica e continua a dare materie prima agli Stati Uniti! Se non è fallimento ciò’ nonostante il nostro filobolivarismo..,,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *