IL TEMPO STA PER SCADERE di Moreno Pasquinelli
La divisione non paga, questa è il dato eclatante che si dovrebbe trarre dall’analisi dei risultati delle elezioni amministrative. Da questo dato la conferma di quanto sostenuto da tempo da Liberiamo l’Italia, e sotto diversa forma ribadito dall’Appello dei 100: la necessità di un fronte unito tra i movimenti no green pass e le forze politiche organizzate del “sovranismo costituzionale”.
I segnali che giungono dagli ex- 5Stelle, Italexit con Paragone e Alternativa c’è, dal 3V, da Ancora Italia, da Riconquistare l’Italia e dal PC di Marco Rizzo, non sono per niente confortanti. Chi sperava che queste forze avrebbero aperto una discussione, che avrebbero dato segnali di riflessione autocritica sulle cause della sconfitta, è rimasto deluso. L’imbarazzo ad ammettere i propri errori è comprensibile, inaccettabile è raccontarsi storie, trovare alibi improbabili, giocare allo scarica barile, sperare in qualche miracolo che ci salvi dal rischio di un ancora più pesante insuccesso alla prossime politiche del 2023.
Dietro all’apparente tutto va bene madama la marchesa, l’insuccesso del 12 giugno sta in realtà producendo, anzitutto tra gli attivisti dei “partitini” che hanno presentato proprie liste, un senso diffuso di prostrazione, di scoraggiamento. Un serio dibattito pubblico non servirebbe solo a fare un collettivo passo avanti, servirebbe a contrastare il rischio che tanti militanti scelgano la fuga dall’impegno politico, seguendo un auto-esilio verso “comunità economiche indipendenti” se non addirittura il ritiro a vita privata. Non deve sfuggire che questo sentimento demoralizzante non afferra solo chi si riconosce in questi gruppi politici, ma anche molti attivisti dei movimenti di base. Ciò che accade ad una parte si riverbera infatti sul tutto.
Non ci si deve far prendere dalla disperazione. Molte cose cambieranno nei prossimi mesi, tanto più se, come conseguenza dell’approfondimento della crisi economica e sociale, prevarranno fattori di turbolenza sociale. Un diverso clima sociale, tanto più se avremo una ripresa del conflitto, daranno una scossa che aiuterebbe a ragionare anche le teste di legno; avranno l’effetto di rafforzare la diffusa spinta all’unità e alla lotta. Forse ci illudiamo, ma non è da escludere che avvenga l’auspicabile resipiscenza dei leaders —mai mettere limiti alla Provvidenza!
Intanto dobbiamo combattere e respingere i sentimenti anti-politici e impolitici che la débâcle elettorale e il riflusso dei movimenti no green pass stanno alimentando. Si sente dire: “le manifestazioni di piazza non servono, la politica Dio ce ne scampi, i partiti fanno tutti schifo, le elezioni sono una truffa, non ci faranno più votare e anche ove ce lo facessero fare, non servirebbe ad un cazzo”.
Un intruglio tossico di sovversivismo nichilista, arruffapopulismo, fughismo e qualunquismo che non solo pregiudica la costruzione di un’opposizione politica che si candidi a governare e salvare il Paese; un intruglio che si camuffa come movimentista ma che è invece un patogeno killer degli stessi movimenti di lotta (agente patogeno che il sistema ha tutto l’interesse ad alimentare), poiché ogni lotta, giunti a questo punto, è lotta politica — e se è lotta politica vera, essa è una sfida portata al predominio delle classi dominanti per strappargli di mano le leve del potere.
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Questo sovversivismo nichilista non alimenta solo l’idea paranoica del sospetto — parliamo di quelli che camuffano la loro impotenza politica vedendo “gatekeeper” e traditori in ogni dove; psicotici che hanno perso ogni capacità di afferrare la complessità e contraddittorietà del reale —; nella sua forma più raffinata teorizza l’astensionismo elettorale come arma politica anti-sistemica. Questo ragionamento si basa su questo teorema: “il nostro popolo è quello che non vota più, lì dobbiamo stare. Partecipare alle elezioni è fare il gioco del sistema”.
L’astensionismo come strategia politica è oggi più che mai una forma di fughismo antipolitico, si basa su un’analisi distorta dei processi sociali ed elettorali. Si osservi la tabella qui sotto.
Saltano agli occhi due fenomeni, opposti ma dialetticamente correlati e complementari. Il primo è che la crescita dell’astensione accompagna la vita della “seconda Repubblica. Al lato opposto vediamo che più aumentava l’astensionismo più le urne premiavano le forze populiste. Abbiamo infatti che al picco di astensionismo (elezioni del 4 marzo 2018) ha corrisposto lo spettacolare sfondamento delle due forze populiste dei 5 Stelle e della Lega salviniana.
Il fallimento miserabile delle due forze populiste alla prova del governo del Paese, la loro vergognosa capitolazione al blocco tecno-liberista dominante, nulla toglie al fenomeno di cui stiamo parlando: l’astensione è cresciuta ma contemporaneamente è cresciuta la massa di voti di protesta che si è riversata nelle urne. In apparenza c’è una contraddizione di opposti tra il fenomeno di non recarsi al voto e quello di usare la scheda elettorale per esprimere protesta e volontà di cambiamento. In verità si tratta di due lati della stessa medaglia, forme diverse del medesmi processo. Per dirla con Spinoza siamo di fronte a due modi in cui si manifesta la stessa sostanza, dove la sostanza è la crisi di egemonia dell’élite dominante, quindi il divorzio tra questa e le masse popolari. Hegel ci direbbe: dove l’intelletto astratto separa, divide e irrigidisce i concetti, la ragione vede i fenomeni in movimento, ne svela la correlazione, ne coglie l’unità.
Dal fatto che l’astensione sia in crescita non se ne deve perciò dedurre che sia sbagliato o addirittura inutile, per forze antagoniste, sfidare l’élite anche sul piano elettorale. Ove non bastasse il caso italiano, si osservi il caso delle recentissime elezioni legislative francesi: al picco di astensioni ha corrisposto la secca sconfitta della macronia e il sorprendete doppio successo di Mélanchon e della le Pen (ancora una volta nel laboratorio italiano si è consumato prima un fenomeno che oltr’alpe si è verificato dopo).
Né noi commetteremo l’errore di ricavare una legge causale dai fatti che stiamo osservando. Nello scarto tra le cause e i loro possibili effetti s’insinua la contingenza, lo spazio dell’inatteso, l’eccedente.
Nonostante la probabile crescita della quota di cittadini che non si recheranno alle urne nel 2023 c’è, nel campo opposto del popolo che invece alle urne si recherà, uno spazio grande per una lista anti-sistemica. Non solo uno spazio residuale, ma quello di un successo politico, un successo che sarebbe un colpo per il regime, un successo che darebbe coraggio anche a coloro i quali non hanno più speranze. Un successo possibile, come abbiamo scritto in tempi non sospetti e ripetuto dopo il 12 giugno, a patto che i gruppi sovranisti ed i movimenti di base della Resistenza Costituzionale decidano di incontrarsi per costituire un fronte unito. Il tempo, per evitare proprio quello che si augura il nostro comune nemico, che la divisione persista e si cronicizzi, sta per scadere.
Considerato che le elezioni si terranno in primavera e che per organizzare e mettere in atto uno straccio di campagna elettorale ci vorranno almeno 3-4 mesi, l’IPOTETICA intesa tra i vari soggetti/movimenti/partiti in questione dovrebbe arrivare entro novembre.
Per tentare di raggiungere una quadra, Liberiamo l’Italia potrebbe farsi promotrice di un “incontro-dibattito” a cui vengano invitati gli esponenti dei vari gruppi.
Francesco F.
Manduria (Ta)
Non è la prima volta che mi trovo in sintonia con le analisi di Moreno e le proposte politiche che ne scaturiscono. Anche a Carpi, nel nostro centro di documentazione Iskra, stiamo facendo il massimo sforzo per unire tutti i gruppi e movimenti che in questi anni hanno rappresentato la spina dorsale della resistenza alla dittatura sanitaria e politica. Negli attivisti c’è grande desiderio di unità, ma fra “capi”, “capetti” e “capponi” la divisione, comunque mascherata, regna sovrana. Hai ragione: IL TEMPO STA’ PER SCADERE. Ognuno si assumerà le proprie responsabilita e ne pagherà le conseguenze.
Bisogna cercare degli obiettivi comuni ai vari gruppi e vedere se poi i vari gruppi riusciranno a rinunciare ad obiettivi particolari non comuni o invece li considereranno per loro strategici e fondamentali. A questo punto si potrebbe comunque arrivare ad un compromesso fra i vari gruppi, dato che in mancanza l’umanità rischia di perdere per sempre ogni libertà, ma lo si farà?
Penso che lo si potrà fare solo se ciascun gruppo riterrà che senza libertà anche i propri obiettivi particolari non sarebbero comunque raggiungibili. Ma questo non è scontato.
Per me il primo grosso nodo costituzionale da sciogliere è la prima scelta di fondo propedeutica al sovranismo costituzionale ..
scelta di fondo da chiedere agli italiani di destra c sinistra …si vuole o non si vuole questa Europa !!! Se i partiti metteranno questa scelta nel loro programma…troveranno voti altrimenti anche nelle prossime politiche cj sarà calo dj votanti e soliti volpini ricchi epulonj di destra e sinistra non lavoranti e grossi investitori…comanderanno ancora loro!
Se me lo si consente vorrei chiarire un concetto assai banale, ma spesso sono proprio le cose più semplici che le persone tendono a dimenticare prese come sono dalle emozioni.
“Chi si astiene non combatte il sistema, ma bensì lo favorisce enormemente.”
L’effetto del non voto, infatti non fa altro che distribuirsi su chi i voti li ha presi esattamente in proporzione ai loro pesi percentuali.
Un esempio elementare lo chiarisce in modo inequivocabile: se una forza politica dispone di 15 voti su una base elettorale complessiva di 100 avrà un potenziale in parlamento del 15% appunto. Ma se la base elettorale in virtù di una forte astensione si riduce a 50 la percentuale di quella forza politica, che i suoi 15 voti li mantiene comunque grazie al suo blocco di potere, salirà in parlamento al 30%. Un ottimo risultato come si vede per chi combatte il sistema.
Il problema principale quindi è a mio giudizio non tanto quello di realizzare a tutti i costi un’ammucchiata tra tutti i partiti e movimenti che si dichiarano alternativi e che hanno spesso idee assai diverse se non addirittura contrapposte, bensì di convincere la massa del popolo votante del concetto di cui sopra.
C’è a disposizione una enorme massa di consensi, praticamente oltre la metà dell’intero corpo elettorale e quindi stiamo parlando di 20-25 milioni di voti. Ce ne sarebbe a disposizione per almeno tre o quattro partiti alternativi che potrebbero tutti superare lo sbarramento e poi in parlamento accordarsi politicamente a seconda delle circostanze. Bisogna ssolutamente convincere le persone di questo, anche le più schifate dalla politica miserabile di questi tempi.
In ogni circoscrizione ci sono partiti che non si sono compromessi con il sistema. Si scelga quello che più si avvicina alle proprie idee e lo si voti senza indugio.
Avere un unico raggruppamento di opposizione sarebbe bello, ma è una soluzione abbastanza utopica e spesso anche controproducente. Chi si riconosce ad esempio nel Partito Comunista di Rizzo, ben difficilemnte vorrà apparentarsi con formazioni come Italexit di Paragone che sono chiaramente di destra e di estrazione leghista e viceversa. Infatti succede sempre che anche quando si riesce a realizzare questi assemblaggi il risultato è sempre largamente inferiore all’attesa somma delle varie parti, senza contare poi che una volta che c’è da fare scelte politiche si sviluppano litigi che mandano queste formazioni regolarmente in pezzi.
Ad ogni modo sembra che tra il Pc, Ancora Italia, Riconquistare l’Italia, Alternativa ed altre forze più piccole una prima sintesi si stia sviluppando ed io penso che sia anche l’area verso la quale dovrebbe orientarsi Liberiamo l’Italia. Se poi i 3V avdranno da soli, Italexit andrà da sola pazienza.
Ci saranno veramente elezioni nel 2023 ?
E soprattutto: se sì, saranno libere ?
Il ragionamento in questa analisi è logicamente tondato e non si può che pienamente condividere, ma che questa sia la posta in gioco lo sanno anche le élites antidemocratiche che a livello di UE e finanza speculativa decidono le sorti dell’ Italia e impongono le marionette di turno al governo. E sicuramente contro la volontà della maggioranza degli italiani, queste marionette al governo hanno portato ora il Paese in guerra contro la Federazione Russa. Le famigerate liste di proscrizione (“putiniani d’ Italia”) sono a mio parere un “ballon d’ essay’, cioè una mossa per saggiare le reazioni qualora si rendesse necessario vietare l’ accesso alle prossime elezioni di forze veramente antisistema. È quello che hanno fatto in Ucraina Poroshenko prima e Zelensky poi, vietando e mettendo fuorilegge tutti i partiti non filo-USA. E da noi in Italia come nel resto dell’ UE non servono nemmeno i divieti come colà, di stampo neonazista: basta diffamare ed emarginare. Il Covid si è rivelato una poderosa sperimentazione psico-sociologica per tastare le capacità di reazione delle masse. Un’ operazione che appunto è tanto ben riuscita che alla bisogna può essere ripetuta: per manovrare le masse i due metodi principe sono 1) la paura (Göring dixit al processo di Norimberga) e 2) la ripetizione delle menzogne (Goebbels). Esattamente quanto stiamo vivendo negli ultimi due anni.
E ancora una volta si conferma che i risultato purtroppo non manca: “L’ opinione dominante è quella della classe dominante” come si legge nella Deutsche Ideologie.
A mettere nel gruppo Paragone e Rizzo ci vuole un bel coraggio… . Lo hanno capito tutti che pure quei due sono due volgare gatekeepers.