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“CURA ITALIA” E IL GOVERNO DEI CIALTRONI di Leonardo Mazzei

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Prima domanda: ma secondo voi è serio un governo che arriva alle misure economiche per far fronte al coronavirus (il cosiddetto decreto “Cura Italia“), facendo uscire per giorni e giorni caterve di bozze, una diversa dall’altra? Seconda domanda: ma secondo voi è serio un governo che le presenta nel modo indecoroso della conferenza stampa dell’altro ieri?

Sono domande retoriche, ma pur sempre utili. Nella conferenza stampa (di cui si consiglia l’integrale visione) si alternano un Conte quanto mai sbrigativo che deve scappare alla videoconferenza con gli altri del G7, un Gualtieri ancor più frettoloso che deve andare a riunirsi coi suoi degni compari dell’Eurogruppo, una indescrivibile ministra Catalfo che a nulla sa rispondere. Capace, quest’ultima, di mettere in imbarazzo per la pena perfino i pochi giornalisti presenti. Più che Catalfo un vero catafalco dell’Italia che muore. E poi qualcuno vorrebbe l’unità nazionale attorno a questo esecutivo di ominicchi e donninicchie.

A dare il segno di come questo sia un governo di cialtroni, l’affermazione di Conte e Gualtieri secondo cui le asfittiche misure del decreto attiverebbero non meglio precisati “flussi” di 350 miliardi. Boom! Una balla che si commenta da sola. E tutto per cercare di dire che l’Italia ha fatto come la Germania. Ma per favore…

Cosa c’è nel decreto?

Ma cosa c’è nel decreto? Secondo Conte e Gualtieri c’è tutto quel serve. E’ così? Ovviamente no e ce ne accorgeremo presto. Naturalmente anche a Palazzo Chigi sanno bene come stanno le cose, tant’è che Gualtieri lo ha chiamato “Decreto marzo”, cui seguirà inevitabilmente quello di aprile.

Ma entriamo nel merito.

Sanità – Sui 3,5 miliardi destinati alla sanità ed alla protezione civile c’è poco da dire, se non che è difficile che bastino. Assunzioni, reperimento di spazi, acquisto delle apparecchiature per la terapia intensiva e dei dpi (a partire dalle famose mascherine) che ancora mancano: estremamente probabile la necessità di nuovi stanziamenti. Pittoresca (anche se già nota) la disposizione sull’esercizio della professione medica. Dopo anni di numero chiuso a tutela di una casta piuttosto potente, eccoci ora all’abolizione dell’esame di Stato. Misura necessaria, beninteso, ma che qualifica come si deve le ignobili scelte di questi decenni.

Occupazione – Come noto, il decreto estende la cassa integrazione ai lavoratori che abbiano dovuto ridurre o sospendere la loro attività a causa del coronavirus, ma esclude espressamente colf, badanti e babysitter. E’ falso dunque che tutti i lavoratori siano garantiti. La copertura massima sarà in ogni caso di sole 9 settimane e terminerà comunque con il mese di agosto. Come al solito, poi, nessuna misura è stata presa a tutela dei disoccupati.

Autonomi – A circa 4 milioni di lavoratori autonomi verrà versata un’indennità di 600 euro. Questa misura riguarda commercianti, artigiani, partite IVA, professionisti ed altre categorie del lavoro più o meno “autonomo”. Ma cosa ci fa una partita IVA con 600 euro, quando i costi fissi della propria,  magari modesta attività, corrono a dispetto del coronavirus e di un fatturato che si è ridotto a zero?

Fisco – Tanti i versamenti che slittano. Per tutte le filiere maggiormente colpite dalle misure sul coronavirus i pagamenti sono sospesi fino al 31 maggio. Per le altre aziende il rinvio ci sarà solo per chi ha un fatturato fino a due milioni di euro, una misura che mira a coprire il commercio al dettaglio. Senza entrare qui nei particolari (la questione è piuttosto articolata), quel che colpisce è che non c’è alcuna riduzione delle tasse, ma solo il posticipo dei relativi versamenti. Una vera presa in giro.

Bollette – Sempre a proposito di prese in giro, il decreto smentisce totalmente le voci che erano circolate nei giorni scorsi sulle bollette. Non c’è infatti nessuna sospensione del loro pagamento, con la sola minuscola eccezione dei residenti nella dozzina di comuni lombardo-veneti dell’originaria “zona rossa” decretata a febbraio.

Ovviamente il decreto comprende anche altri provvedimenti, ma questo articolo non ha alcuna pretesa di completezza. Quel che qui ci interessa è far emergere l’assoluta inadeguatezza delle misure prese rispetto al dramma sociale che si prospetta per milioni di persone.

Gli effetti micidiali del blocco del Paese

«Non se ne esce senza uscire» ho scritto in un articolo di domenica scorsa, con chiaro riferimento alla necessità dell’Italexit. Che questo sia il nodo decisivo sempre più persone lo capiscono. Da qui anche l’evidente insufficienza del decreto del governo Conte. Se ancora si aspettano i benefici di “mamma Europa”, come incredibilmente continua a chiamarla pure la virologa Capua, è chiaro che la strada del disastro è segnata. La stessa riunione dell’Eurogruppo, se da un lato ha dovuto rinviare ogni decisione sul Mes, dall’altro si è conclusa con questa affermazione del suo presidente Mario Centeno: «Il nostro focus è completamente sul coronavirus, finalizzeremo la riforma del Mes quando la crisi sarà alleviata». Più chiaro di così…

C’è tuttavia un problema che va al di là della stessa questione europea. Quanto si pensa che si possa andare avanti, con un Paese sostanzialmente bloccato dalle misure prese per fronteggiare il coronavirus?

Secondo uno studio della Fondazione dei consulenti del lavoro, diffuso venerdì scorso e ripreso da diversi quotidiani, circa 3 milioni di lavoratori hanno già smesso di lavorare, mentre altri 3,6 sono a rischio chiusura. Ma questi sono dati della scorsa settimana, sicuramente già superati dalla realtà dell’oggi, fatta di continui annunci di chiusure di fabbriche e aziende. Un indicatore di questa situazione è il consumo di energia elettrica, già calato di oltre il 15% rispetto al normale ed in flessione costante giorno dopo giorno.

Ora, se l’apparato economico e produttivo del Paese gradualmente si ferma, non c’è misura economica, monetaria e fiscale che possa davvero funzionare. Dunque, non c’è decreto che tenga. Almeno questo bisognerebbe averlo chiaro.

Certo, la speranza è che la fase più critica dell’epidemia venga superata alla svelta. Ma anche così il problema resterebbe. Avendo scelto la strada emergenzialista, chi avrà poi il coraggio di decretarne la fine anche a fronte di un significativo calo dei casi? Giustamente, il professor Andrea Belleli ha scritto che: «si sa come si entra, mentre non è chiaro come si esce dalla scelta del contenimento a oltranza». Ecco un “dettaglio” che dovrebbe far riflettere.

Brevi conclusioni

In conclusione, ci sono almeno tre ragioni per giudicare negativamente il decreto “Cura Italia”: perché è insufficiente, perché resta subalterno ai vincoli europei, perché è figlio di un emergenzialismo senza prospettiva.

Compito del decisore politico è appunto quello di decidere, tanto più di fronte ad un’emergenza. Ma la decisione dovrebbe tener conto dei molteplici fattori in gioco, quantomeno dei più rilevanti. Nel caso del coronavirus questi fattori sono almeno tre: quello sanitario, quello economico e quello che per capirci definirei “umano”. Su quest’ultimo punto, di estrema importanza, rimando alle considerazioni svolte da Giorgio Agamben.

Mentre il decisionismo non è mancato nel decretare il coprifuoco (dalle mie parti si sta arrivando a perseguire le passeggiate nei boschi…), di questa visione complessiva non c’è traccia alcuna. Non c’è, non dico nel decreto in oggetto, che sarebbe chiedere troppo, ma in tutta l’impostazione generale delle scelte di questo periodo. Eppure il disastro che si annuncia non è solo sanitario. Tutti i tre fattori ricordati producono infatti dei pesantissimi effetti sociali. E le conseguenze dell’emergenzialismo ricadranno (e già ricadono) sui più deboli, sulle classi popolari, su milioni di persone che vedranno (e già vedono) la loro vita peggiorare di brutto.

Altro che “Cura Italia”! Continuando su questa china andiamo dritti verso un dramma sociale di proporzioni inaudite. Per favore, apriamo gli occhi.

3 pensieri su ““CURA ITALIA” E IL GOVERNO DEI CIALTRONI di Leonardo Mazzei”

  1. Giulio Bonali dice:

    Ottimo articolo, come sempre.
    Sono un ingenuo (per davvero) e su un unico punto esprimo perplessità e chiedo chiarimenti.
    Si tratta della misura (non presa dal governo) della sospensione del pagamento delle tasse.
    Ora nella mia ingenuità (prego tutti di non incazzarsi, é proprio così) penso che, almeno se le cose andassero come dovrebbero andare (ma questo é quello che alle elementari mi hanno insegnato essere un “periodo ipotetico dell’ irrealtà”) una riduzione (al limite annullamento) del reddito dovrebbe automaticamente comportare una riduzione (al limite annullamento) delle tasse (fra l’ altro ben più che proporzionalmente, se la costituzione fosse rispettata o comunque nella modestissima misura in cui ancora la fosse, contro le teorie reazionarie della “flat tax”).
    Respiratori, mascherine, ecc. non crescono sugli alberi ma si comprano (sarebbe molto meglio se fossero prodotte dallo stato, comunque spendendo inevitabilmente per materie prime e manodopera) mentre gli operatori sanitari non campano d’ aria ma vanno pagati: con che soldi, se si rinuncia a i prelievi fiscali?
    Ben che vada spendendo quanto c’ é in cassa ora, di modo che, passata la buriana, i vari Boeri strilleranno subito che non ci sono più soldi per pagare quei parassiti dei pensionati e aspiranti tali (sacrosantamente, non secondo Boeri e C, ma secondo me) dopo decenni di onesto lavoro.

    1. Sollevazione dice:

      Caro Giulio,
      come sai non sono certo un amante della flat tax.
      Né ho proposto l’abolizione delle tasse, ma in questo momento un alleggerimento fiscale è necessario specie per alcune categorie.
      Questo per due motivi. Il primo è che non devi pensare che tutte le tasse siano proporzionali al reddito, ed in verità solo l’Irpef lo è.
      In secondo luogo, bisogna considerare che il momento del versamento delle tasse è sfasato rispetto a quello della produzione del reddito. Un aspetto che è decisivo in questo momento. Ti faccio un esempio, stavolta proprio sull’Irpef. Io posso aver avuto nel 2019 un reddito di 30mila euro, sul quale avrei da pagare (tra saldo e acconto) 7mila euro a giugno. Se nel frattempo il mio reddito è andato a zero a causa della chiusura imposta per legge, come faccio a pagare?
      Il problema dunque è reale. Nell’articolo ho solo segnalato che, contrariamente ad alcuni discorsi circolati, sul punto il governo ha fatto finta di non vedere. Non potrà durare a lungo.

      Leonardo Mazzei

  2. Cittadino dice:

    E’ la tecnica che usano da sempre. Dividere l mondo del lavoro in svariate tipologie con una miriade di contratti. Quindi hai la categoria A,B,C,D. Poi il governo dichiara di dar qualcosa e lo dai solo alla categoria A, poi fa il generoso ed include un parte della categoria B, la restante parte della categoria B e le categorie C e D restano totalmente scoperte.

    Avendo così frammentato il modo del lavoro hanno gioco facile a dominarlo. nel mio caso penso ad esempio alle svariate liste di abilitazioni e concorsi per la scuola oppure agli svariati contratti nell’università (questi ultimi tutti blindati da meccanismi cooptativi).

    Incidentalmente ho letto dell’assunzione di medici considerando la laurea come titolo abilitante, non so cosa voglia dire per i medici però stanno di fatto dichiarando che le abilitazioni sono una cosa inutile, di fatto servono solo ad escludere le persone. Quando hai la laurea hai già le conoscenze teoriche che ti servono ti manca solo l’esperienza, ma quella si fa sul campo e non con un corso o concorso abilitante.

    Che fare davanti a questo? Occorre riunificare il mondo del lavoro in base al principio (penso anche costituzionale) che allo stesso lavoro devono corrispondere lo stesso contratto e non contratti diversi e ricomprendervi dentro tutte le categorie che sono state ingiustamente frammentate in vari contratti in tutti questi anni. tutti gli insegnanti in una sola lista, così tutti le categorie della ricerca e con assegno di disoccupazione fino a che non vengono collocati. Idem per le altre categorie ma io posso parlare solo di ciò di cui ho esperienza.

    Ma questa richiesta deve provenire da chi vuole rappresentare il popolo, non basta solamente chiedere più lavoro. Di questo, dell’urgenza di riunificare il mondo del lavoro frammentato (altrimenti lorsignori saranno sempre più forti), mi pare che anche nel precedente articolo di Mazzei purtroppo non viene detto nulla.

    Giovanni

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